E quindi?… E quindi niente!

fine blog

Ed eccomi qui… a scrivere il centesimo ed ultimo articolo di questa incredibile ed intensa avventura… che alla fine altro non è stata che la mia vita! Non so se essere sollevata o dispiaciuta… non vi nego che condividere tutti i giorni anche solo uno stupido pensiero delle mie giornate non è stato facile: alcuni giorni la stanchezza mi impediva di dare voce e forma ai miei pensieri ma la difficoltà risiedeva sopratutto nel fatto che la condivisione dei miei stati d’animo non avveniva solo con voi, ma in primis con me stessa… e questo, se a volte è stato liberatorio, altre è stato totalmente destabilizzante, sopratutto per chi come me tende molto all’autoanalisi e all’autocritica.

Forse oggi è il giorno più difficile perché dovrò ripercorrere tutto ciò che in questi 100 giorni è accaduto nella mia vita… oggi è il giorno della resa dei conti: guardo e scrivo su questo foglio come fosse la mia anima… è una parte sensibile l’anima… in questo caso potremmo immaginarla come la la pelle liscia e sottile delle cicatrici… sfiorandola inizialmente si prova solo un piccolo prurito a tratti anche divertente, ma quando la sollecitazione diventa insistente il sorriso si trasforma in fastidio… ecco in questo caso spero, con le mie parole, di dare solo un po’ di prurito alla mia anima…

In questi 100 giorni sono successe tante, forse troppe cose… ho perso il lavoro: per l’ennesima volta ho dovuto reinventare il mio ruolo in questa società, mi sono ritrovata a fare i conti con le mie sconfitte ma anche con le ingiustizie subite, a capire cosa sapessi e sopratutto volessi fare nella mia vita…ho creato una mia attività: per la prima volta mi ritroverò davvero faccia a faccia con i miei limiti e le mie potenzialità. Sarò costretta ad affrontare la paura del salto e allo stesso tempo a vivermene l’adrenalina! Ho perso l’amore: forse smarrito suona meglio, ha il sapore di qualcosa di meno definitivo, perché l’amore cambia forma ma non si perde. È la prima volta che ne parlo in questo blog, ma arrivati a questo punto penso sia giusto farlo, è la resa dei conti dopotutto! Anche in questo caso ho dovuto reinventare me stessa, o meglio la mia vita… riadattarla ad un’entità che è stata costretta ad iniziare a viaggiare da sola… ed è così che… ho scoperto me stessa: diciamo più che altro che ho iniziato a scoprire me stessa, perché credo che questo sarà un percorso infinito ma la cosa importante è aver trovato, aver avuto anche solo il coraggio di cercare, il punto di partenza di questo viaggio lungo una vita. Mi sono fatta dei regali: ho regalato al mio cuore l’affetto di persone stupende, mi sono regalata la forza di non privarmi di nuove emozioni, ho regalato alla paura limitante, e a volte illimitata, il ben servito (anche se in realtà lo sto ancora impacchettando)

E poi ho aperto questo blog: un gioco e una scommessa che mi hanno permesso di rispolverare il mio amore per la scrittura e di mettere in costume la mia anima (a nudo sarebbe stato troppo anche per me, ho ancora bisogno di altri 100/200 e forse 300 giorni per essere pronta e riuscirci).

Forse mi sto dilungando un po’ troppo perché il prurito inizia ad essere eccessivo, quindi concludo… chiudo dicendo grazie… grazie a chi leggendo questo articolo si sentirà coinvolto perché vuol dire che ha contribuito a questo meraviglioso percorso. A questo punto vi starete chiedendo “E quindi?”… e quindi niente, mi sono solo resa conto che sto vivendo, è questa l’unica cosa che conta!

Sta apposto!

albero genealogico

Oh ragà spargete la voce, chiedete giù se qualcuno potrebbe essere interessato…” oggi ho richiamato all’ordine la meravigliosa truppa “gli amici di giù” per fare un po’ di pubblicità “alla nostra maniera” per la neo-attività. Giù, al sud, le tecniche di marketing e comunicazione si fondano su logiche diverse, possiamo addirittura dire più concrete!Possiamo contare su veri esperti del settore…basta avere un commerciante in famiglia e il gioco è fatto, sopratutto considerando che le famiglie di giù contano come ramo del proprio albero genealogico anche il cugino del marito della sorella della cognata di tuo nipote!

“Stai tranquilla, fammi fare solo una telefonata!”, l’equivalente genuino e reale delle artificiali, insensate e artefatte call aziendali. Nessun briefing, nessuna proiezione sulle future quote di mercato, nessun concept… solo bisogni chiari e precisi! Si parla con e sopratutto alle persone, alla gente semplice che forse più di altolocati amministratori aziendali sanno davvero cos’è il business e come farlo.

“Oh, l’ho sentito… sta apposto!” e dietro quel “sta apposto” si racchiude un mondo di gioia, gratitudine e soddisfazione… racchiude la sicurezza che qualcuno finalmente e davvero avrà fiducia in te… e sopratutto la consapevolezza che non sarebbe stato altrimenti! A volte succede…spero accada anche per noi!

Meno 3…

zumba

Mancano solo 3 giorni alla chiusura di questo blog, 2 considerando che oggi è quasi terminata la giornata… molti mi chiedono cosa succederà il 17 giugno, giorno della “resa dei conti”… beh mi dispiace deludervi ma non succederà nulla, o meglio nulla che possa essere visibile ad occhio nudo (magari invece sabato vincerò alla lotteria o scoprirò di essere una ricca ereditiera, questo non posso saperlo, la vita è imprevedibile e mai come in questi ultimi mesi ne sto avendo la prova). Il giorno della resa dei conti sarà il giorno in cui mi guarderò negli occhi e farò i conti proprio con me stessa… ma ho ancora più di 48 ore per pensare a cosa dirmi e come giustificarmi, quindi lasciatemi godere queste ultime ore da blogger inconsapevole!

Una blogger in canotta e pantaloncini, stesa con il pc sulle ginocchia, ormai incollata alla trapunta del suo letto che tenta di scrivervi ancora pensieri razionali o comunque parole che, posizionate in fila una dopo l’altra, riescano a dare qualche senso (non mi illudo che sia compiuto, ma che almeno gli si avvicini)…ma diventa sempre più difficile, soprattutto quando il caldo si fa torrido e vedi i tuoi amici che si sparano selfie in spiaggia mentre tu fai la scema con la faccia attaccata al ventilatore mentre decanti tutto l’alfabeto e ti diverti a sentire la tua voce robotizzata dalle ventole.

Quindi lasciatemi qui a metabolizzare non solo che per l’ennesimo anno mi ritrovo a trascorrere l’estate in città, tra l’asfalto bollente e i tram senza aria condizionata, ma anche il fatto che tra un paio d’ore verrò trascinata dalla mia coinquilina/confidente/personal trainer al corso di Zumba che ogni settimana spero inutilmente che salti (come cerchiamo di fare noi a lezione davanti allo specchio, regalando solo scene comiche e pietose).

“Ma si dai alla fine ci divertiamo!”… peccato pensarlo sempre a fine lezione!

Come i pezzi di un puzzle…

incastro giusto

Quando ti lanci in una nuova avventura, sopratutto in ambito lavorativo, sei consapevole dei rischi… o meglio pensi di esserne consapevole ma ne sei semplicemente a conoscenza…per arrivare alla totale consapevolezza devi viverli e sopratutto superarli. I primi tempi sono quelli più duri, hai deciso di scommettere su te stessa e di conseguenza mentre attendi che la carta su cui hai puntato venga scoperta, la tensione sale e inconsciamente inizi a pensare al peggio.

È proprio quando pensi “ma chi me l’ha fatto fare!” che ti rendi conto di quanto tu possa tenere al progetto che hai tanto sognato, fatto nascere ed ora a cui stai insegnando a camminare. Come si dice dalle mie parti “nessuno nasce imparato”, di conseguenza cerchi di costruire una strategia d’azione che sia più concreta ed efficace possibile… ma come tutte le strategie, anche la tua avrà bisogno di un piano B, C e magari anche D. La cosa importante è avere l’umiltà e l’intelligenza di capire che bisogna raddrizzare il tiro, ma è necessario sbagliare per capire come rimediare.

È come se in qualche modo stessi costruendo ad occhi chiusi un enorme puzzle monocolore (se avesse raffigurato un paesaggio, per quanto potessi avere il senso del tatto sovra sviluppato, l’avrei vista nera in tutti i sensi), al tatto riesci a capire la forma che ha ogni tassello e cerchi ti incastrarlo nel posto giusto, ma sfiorandolo con le dita ti rendi conto che qualcosa non va e continui a provare ruotando il pezzo… l’incastro giusto esiste e lo troverai… è solo questione di tempo e di pazienza!

Tu quoque, lavatrice!

Ci sono giorni in cui litighi con un’amica, giorni in cui discuti con i tuoi genitori, altri in cui digrigni i denti davanti ad un collega… poi ci sono giorni in cui urli e ti agiti come una tarantolata davanti alla lavatrice… lei ti guarda indifesa con il suo unico grande occhio, reso lucido, come se stesse per mettersi a piangere, da quella stessa acqua che invece avrebbe dovuto buttare giù in un unico sorso durante lo scarico.

Dopo il primo sfogo furioso, cerco di parlarle in tranquillità, di fare l’amica comprensiva che esorta a girare quel cestello, terminare il lavaggio e svuotare tutta l’acqua che pian piano sembra invece farsi spazio tra la guarnizione e adagiarsi su un pavimento fresco e lindo di pulizie, insinuandosi nelle fughe delle piastrelle… fosse stata rossa sembrava a tutti gli effetti la scena di un delitto (e credetemi, io non sarei stata la vittima!)

posa disperata“Perchè?!Perchè ti ci metti anche tu!!” agito le mani in aria e lancio grida disperate guardando all’insù come rivolgendomi ad un essere superiore e richiamando le migliori pose drammatiche di una favolosa Eleonora Duse in bianco e nero! Non bastava il lavoro da dover terminare prima di pranzo, una notte insonne tra gabbiani ubriachi e muratori fin troppo mattinieri e quel periodo del mese che avverte del suo arrivo chiunque si avvicini velando ogni tanto il mio sguardo e facendomi pronunciare frasi in aramaico!

Ok…prendo un bel respiro, mi calmo, torno da lei e… continuerò semplicemente a fissarla mentre si agita e spruzza acqua come i ventilatori di ultima generazione… magari sta cercando di dirmi qualcosa… e forse parla anche l’aramaico!

Di quelle giornate fatte così…

pace

Aprire gli occhi e sorridere perché dalla finestra intravedi il sole.

Ascoltare il suono della caffettiera che gorgoglia che ti accoglie nel mondo reale e poi respirare a fondo per gustare a pieno l’odore del caffè appena uscito.

Fare una passeggiata, sentire la tua canzone preferita e sorridere di nuovo. Ripensare alla serata del giorno prima e sentirsi fortunati.

Preparare un bel pranzo anche se si è da soli a casa e non vedere l’ora di sedersi a tavola. Sprofondare sul letto e godersi la domenica pomeriggio tra film e un pensiero felice.

Credere che dopotutto si sta bene anche così.

Si… oggi è una bella giornata.

Lotta all’ultima zucchina!

mercato

Stamattina dopo tanto tempo ho deciso di fare un giro al mercato. Avevo voglia di sentire i profumi veri, quelli che ti riempiono il naso e la mente, di frutta e verdura, vedere quei colori vivi che la plastica dei supermercati ha ormai mortificato e l’aria di città ha sbiadito.

Mi avvicino ai primi banchi, con una camminata leggera, quasi a rallentatore, lo sguardo rilassato e pronto ad accogliere tutta la bellezza della natura viva con un udito ancora ovattato da una mente sognante che si immagina già tra i campi del sud. Uno spallata di un’agile vecchietta però mi riporta subito alla realtà! Scrollo la testa e mi rendo conto di essere finita allo stadio del Maracanà durante una finale del Brasile… non che il mercato fosse stato mai un posto tranquillo ma a quanto pare la pazienza è diventata inversamente proporzionale agli anni che passano mentre è aumentato di pari passo l’esaurimento nervoso! Per non parlare dell’inflazione che a quanto pare a colpito anche questo settore!

Alle legittime urla dei venditori, che in qualche modo cercano di attirare la clientela al proprio banco contrastando i competitors più vicini, si aggiungono quelle ancora più stridule e squillanti di vecchiette armate di bastone e con occhi iniettati di sangue che litigano tra loro per capire chi abbia rubato il posto a chi! Per non parlare delle mamme che strattonano i propri figli, i quali scoppiano in lacrime e come altri strumenti musicali si aggiungono alla grande orchestra sinfonica del mercato delle meraviglie. La stretta via tra i banchi alimentari, resa quasi impraticabile dalla folla e dal doppio senso di marcia, diventa ancora più impervia per i simpatici mariti delle vecchiette litigiose che bloccano il traffico, fermandosi a parlare e cercando di concordare la partita a bocce del pomeriggio.

Insomma un’esperienza unica, dalla quale a fatica sono uscita illesa, con in tasca un dente di qualche vecchina che custodirò come fanno i cacciatori di squali con le fauci dei predatori. Ma torno a casa anche con un chilo di albicocche, finocchi, pomodori ed altre verdure di stagione che gusterò come il miglior trofeo della storia avendo lottato con i denti e con le unghia per portare a casa questo bottino!

Affittacamere o business-man?

Siamo ancora alla ricerca di un piccolo angolino che possa ospitarci per lavorare… abbiamo visionato alcuni coworking e a fine giornata mi sono resa conto che io di business non ho mai capito niente! Non so se vi è mai capitato di sentire storie di persone, magari anche conoscenti, che dal nulla (e con nulla intendo anche senza un pezzo di carta in mano che potesse qualificarle in qualche modo) hanno messo in piedi un’attività di quelle più semplici e ad investimento (non solo di denaro ma di forze fisiche e mentali) pari a zero… a quel punto guardi la tua amica, o il vuoto se in quel momento sei da sola, e dici “certo che io dalla vita non ho proprio capito un ca…!”. Ecco a fine tour io e la mia socia l’unica cosa che abbiamo capito è stata quella di non aver capito nulla di come girano gli affari oggigiorno.

buttare dalla finestraInvestire su un immobile, arredarlo con mobilio da ufficio e affittare postazioni da lavoro (una sedia) a cifre a dir poco spropositate, ecco il business del momento! Non voglio fare di tutta l’erba un fascio perché ci sono spazi di coworking davvero interessanti, vere fucine di menti giovani che lavorano e collaborano in un’atmosfera stimolante e creativa. Ma come sapete, non vorrei rompere la tradizione e disturbare dunque la fortuna che ora sembra avermi snobbato totalmente. Quindi questi posti meravigliosi in cui lavorare e conoscere gente interessante lasciamoli agli altri, noi prendiamoci invece la lunga trave spacciata per scrivania in cui trova spazio solo metà del pc, l’altra devi poggiarla sulle ginocchia, o la scrivania in share space (spazio condiviso) alla modica cifra di 200 euro… peccato che di “share” c’è solo il nome dato che puoi condividere con gli altri solo le tue spalle, in quanto la scrivania è appiccicata al muro e se alzi lo sguardo non vedi riflessa neanche te stessa, ma solo un grigio deprimente.

Ok la smetto di fare la lamentosa, è venerdì siamo alle porte del week end quindi buttiamo i cattivi i pensieri dalla finestra… magari riescono a tirarsi dietro anche questi finti pionieri della creatività!

Mens sana in… ambiente sano

ambiente lavorativo

Più vado avanti più mi rendo conto di quanto sia importante l’ambiente di lavoro. Che siano state mie esperienze o racconti di ex colleghi, in ogni caso per quanto il lavoro fosse pesante, il capo detestabile e il tempo immobile, se l’ atmosfera che si respirava riusciva a tranquillizzarti, allora portare a casa la giornata lavorativa risultava più semplice.

Molti amministratori delegati, o presunti tali, non si rendono conto che favorire un ambiente sano, in cui il rispetto, per la persona e per il suo lavoro, è prerogativa fondamentale oltre a garantire la propria autorevolezza, aumenta anche la produttività. È vero che il più delle volte (a meno che tu non sia Paris Hilton) si lavora per vivere, di conseguenza pur di avere uno stipendio garantito si accettano lavori degradanti o che rappresentano il fallimento di tutti gli anni investiti in fatica, denaro e studio, quando ancora pieno di speranze sognavi il posto fisso nell’azienda che fissavi sognante dal finestrino dell’autobus che ti portava all’università.

A volte invece ti capita la fortuna (perché più si va avanti è più sembra che sia questa l’unico criterio di selezione, mentre la meritocrazia è ormai agonizzante in un angolo) di essere assunto nel settore che desideravi: resi fieri di te i tuoi genitori e consapevole di aver fatto le cose giuste al momento giusto, tanto da darti da solo una pacca sulla spalla, inizi l’esperienza lavorativa pieno di buoni propositi, spaventato ma pronto ad imparare e crescere… e invece ti ritrovi catapultato in una realtà che non ti saresti mai aspettato, fatta di falsità, compromessi, sotterfugi e mancanze di rispetto. Inizi così ad odiare il tuo lavoro, a pensare di aver sbagliato tutto e a prenotare il primo volo che ti riporti a casa.

Oggi non potevo capitare in un ambiente lavorativo migliore…il mio e quello della mia socia, un ambiente per ora raccolto, intimo ecco, diciamo così, ma che speriamo possa un giorno accogliere altre persone e fare in modo che queste si sentano a casa… proprio come capita a noi! Abbiamo avuto la fortuna ed oserei dire l’esigenza di incontrarci e creare qualcosa per non essere fagocitate da questa brutta società e da questo incontro sembra davvero essere nato qualcosa di bello. Siamo agli inizi ma mentre lavoriamo insieme, sorrido… è tornata la passione e la voglia di fare.

A questo punto dovrei ringraziare chi ha deciso di “ospitarmi” nel suo malsano ambiente e poi mandarmi via… perché altrimenti oggi non avrei potuto godere di questo… del mio!